Che cos’è
La spondilite anchilosante è un’artrite infiammatoria cronica sistemica che colpisce elettivamente lo scheletro assiale con un processo infiammatorio cronico del connettivo fibroso e dell’osso nelle sedi d’inserzione di tendini e legamenti che esita in ossificazione producendo una grave rigidità.
La spondilite anchilosante rientra nella categoria delle spondiloartriti, di cui rappresenta la forma più frequente e paradigmatica. I termini “spondiloartriti” (SpA) o “spondiliti” identificano una vasta famiglia di malattie reumatiche, caratterizzate da artriti infiammatorie con aspetti clinici, epidemiologici, radiologici e genetici comuni. Le principali entità cliniche sono: la Spondilite Anchilosante (SA), l’Artrite Psoriasica (AP), l’Artrite Reattiva (ARe), le artriti legate a malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD), la SpA giovanile e la SpA indifferenziata.
La spondilite anchilosante e l’artrite psoriasica sono i sottotipi più frequenti e quelli con decorso, solitamente, più infausto. La severità di tali patologie è strettamente correlata al grado di attività delle stesse ed alla rapidità con cui si instaura il danno anatomico, con conseguente perdita della mobilità e della funzione fisica e compromissione della qualità della vita.
La prevalenza della malattia spondilite anchilosante è molto variabile a seconda delle zone geografiche: nella popolazione bianca sembra essere di circa 0.25-1% con picchi fino al 2% nei paesi scandinavi e nell’America del Nord (Stati Uniti e Canada), mentre la malattia è rara nella popolazione degli africani e nei Giapponesi. La malattia è più rappresentata nel sesso maschile (rapporto maschi/femmine 3:1).
L’età di esordio è compresa tra i 16 e i 40 anni con un picco di esordio intorno ai 26 anni.
Il meccanismo patogenetico
I due meccanismi fondamentali del processo patogenetico della spondilite anchilosante sono l’infiammazione e la neoformazione ossea. Il bersaglio dell’infiammazione è l’entesi, ossia la giunzione osteo-tendinea. Dapprima l’infiammazione (entesite) coinvolge il connettivo fibroso con alterazioni necrotiche fibrillari, erosione della corticale ossea ed edema dello spazio midollare adiacente.
Successivamente, si sviluppano riparazione con tessuto fibroso, metaplasia cartilaginea e proliferazione di tessuto osseo, che sostituisce l’entesi. Tipiche della spondilite anchilosante sono l’ossificazione di legamenti, tendini e capsule articolari e la formazione di ponti ossei (sindesmofiti), successivi all’entesite, e l’osteite delle zone d’inserzione ai piatti vertebrali, con la trasformazione dell’osso neoformato in osso maturo lamellare.
La progressione delle lesioni del rachide è ascendente, a partire dalle articolazioni sacroiliache per poi diffondersi al rachide lombare, dorsale e cervicale.
Anche nelle articolazioni sacroiliache, da una fase infiammatoria (sacroileite) si passa all’erosione delle strutture ossee e all’anchilosi.
Nella fase avanzata della spondilite anchilosante i sindesmofiti possono saldare tra loro le vertebre, determinando anchilosi e il tipico aspetto radiologico “a canna di bambù” del rachide.
Le cause
Si ipotizza che la malattia compaia a seguito dell’intervento di un fattore ambientale (ad esempio, infezioni da batteri che si interfacciano con il sistema immunitario a livello del tubo digerente, stress psico-fisici, etc.) in un individuo geneticamente predisposto. Infatti, oltre il 90% dei pazienti presenta l’allele HLA B27
I sintomi
I sintomi sono rappresentati inizialmente da dolore nella regione lombo-sacrale associato a rigidità mattutina e miglioramento con l’esercizio fisico. Oltre a comportare dolore, il processo infiammatorio è responsabile della rigidità e delle limitazioni funzionali, che in un terzo circa dei casi possono essere altamente invalidanti. La spondilite anchilosante (SA) colpisce più di 40.000 persone solo in Italia e fino al 70% dei pazienti che soffrono della forma severa di spondilite anchilosante sviluppa, nel corso di qualche anno, fusione dei corpi vertebrali con significativa riduzione della mobilità della colonna.
Depressione, ansia e isolamento sono conseguenze, spesso inevitabili.
A volte la sintomatologia è simile a un episodio di lombalgia o di sciatica mozza (dolore irradiato alla coscia, fino al ginocchio). La lombalgia è infiammatoria, ovvero ad esordio subdolo, prima dei 40 anni, più intensa a riposo, con rigidità alla ripresa del movimento e leggermente alleviata dallo stesso. Nella fase iniziale della malattia la rigidità può essere almeno in parte recuperabile, mentre successivamente si assiste ad un processo di anchilosi dei corpi vertebrali secondario alla proliferazione ossea (tentativo di riparazione nelle sedi colpite dall’infiammazione). Se non curato, il coinvolgimento della colonna vertebrale, può progredire, causando la fusione delle vertebre e l’espansione della gabbia toracica, fino ad una sindrome respiratoria restrittiva. Possono essere colpite anche le articolazioni periferiche, in genere le grandi articolazioni, anche, ginocchia, con distruzione articolare e necessità di precoce impianto di artroprotesi. Infine ci sono anche le entesiti, ovvero le infiammazioni dei punti di inserzione dei tendini sull’osso, in particolare a livello di gomito e tallone che sono molto dolorose e limitanti
Sintomi sistemici come febbricola, stanchezza, riduzione dell’appetito e perdita di peso rappresentano altre manifestazioni della spondiloartrite anchilosante, presenti nelle fasi precoci di malattia. Spesso la stanchezza è un sintomo dominante ed è correlato all’attività di malattia.
Il coinvolgimento articolare periferico si manifesta nel 30/40% dei casi attraverso delle artriti, cioè delle infiammazioni della membrana sinoviale che circonda le articolazioni ed i tendini, oppure attraverso dei rigonfiamenti che riguardano tutte le parti di un dito della mano o del piede.
La spondilite anchilosante, pur caratterizzata da neoformazione ossea, è paradossalmente causa di osteoporosi vertebrale. Le citochine infiammatorie e la ridotta mobilità del rachide ne sono la causa.
Vi sono poi manifestazioni extrarticolari
- Impegno oculare: tipica è un’uveite anteriore
- Impegno polmonare: nel 2% dei casi s’instaura una fibrosi polmonare apicale.
- Impegno cardiovascolare: è riportato nel 5% dei casi, soprattutto nei pazienti con malattia attiva e di lunga durata. La lesione principale è l’aortite, associata a insufficienza aortica e a blocco atrioventricolare.
E Complicanze tardive
- Spondilodiscite: consiste nel crollo di un disco intervertebrale associato a erosione dei piatti vertebrali.
- Sindrome della cauda equina: è caratterizzata da alterazioni sensitivo-motorie ingravescenti agli arti inferiori, seguite da comparsa, anche improvvisa, d’incontinenza urinaria e fecale o da ritenzione urinari
La diagnosi
La malattia non avendo caratteristiche bioumorali precise, non ha indagini specifiche per la diagnosi e il monitoraggio. Nel 75% dei pazienti è presente aumento degli indici di infiammazione (VES e PCR).
L’infiammazione non è visibile come il gonfiore articolare, per cui può essere confusa con malattie di pertinenza ortopedica invece che reumatologica. La diagnosi di spondilite anchilosante si basa su un attento esame clinico e sull’esame fisico del paziente e il riconoscimento del dolore lombare infiammatorio rappresenta la prima tappa nel precoce inquadramento diagnostico.
In presenza di una lombalgia infiammatoria cronica, la radiografia tradizionale del bacino e della colonna rimane l’esame di primo livello da eseguire, anche se per una diagnosi precoce è sicuramente più utile la risonanza magnetica nucleare (Rmn), poiché è in grado di evidenziare l’infiammazione a carico delle articolazioni sacroiliache (edema osseo) e della colonna nelle fasi iniziali della malattia.
La Terapia
La prospettiva del paziente di poter vivere senza dolore e disabilità è direttamente relata alla tempestività della diagnosi e dell’invio al reumatologo per intraprendere la cure più idonee.
Le terapie possibili sono numerose e hanno due obiettivi essenziali: da una parte, vincere il dolore e l’infiammazione; dall’altra, prevenire eventuali complicanze, come le posture viziate del rachide dovute ad un’anchilosi, la riduzione della capacità respiratoria, la retrazione dei tendini e/o il coinvolgimento della cartilagine in caso di artrite periferica, oltre alla riduzione dell’acuità visiva in caso di coinvolgimento oculare (uveite).
Il trattamento ottimale richiede una combinazione di presidi farmacologici e non farmacologici da attuare il più precocemente possibile, prima che si instaurino le deformità e le invalidità permanenti. Il trattamento farmacologico si basa in primis sull’uso di Fans, poi si può passare ai corticosteroidi, che vengono usati per via infiltrativa locale nelle sedi infiammate in caso di entesiti e/o artriti periferiche, infine si può passare all’uso dei farmaci biotecnologici che sono molto efficaci nei controllo dei sintomi spinali e periferici, dell’infiammazione e nel bloccare o rallentare l’evoluzione del danno strutturale.
Accanto al trattamento farmacologico, un importante contributo può derivare anche dall’utilizzo di ausili di ortesi come i Busti ortopedici elastici per la stabilizzazione e lo scarico del rachide lombare, che aiutano ad alleviare il dolore alla schiena. Poiché nel lungo termine l’obiettivo è il mantenimento della postura e la motilità, incluse l’espansibilità toracica (mediante ginnastica respiratoria) e il movimento articolare periferico, serve, una volta controllato il dolore e l’infiammazione, anche una terapia riabilitativa. La chirurgia del rachide e la protesizzazione delle articolazioni periferiche (per esempio protesi d’anca) viene riservata ai casi con alterazioni posturali particolarmente marcate ed in caso di disabilità e danneggiamento strutturale articolare.